I due EROI tornano ai motorazzi, recuperano la padella (col rombo) e il rombatore e partono alzando una nuvola di polveri pesanti da far venire un cancro a tre elefanti. Rombano su fino alla cima delle torri, e su di una vi scorgono un puntino. Si avvicinano con cautela, per evitare spostamenti d’aria, e arrivano a un tiro di schioppo dallo stylita. E appunto un tiro di schioppo li accoglie.
Gigi - (abbassandosi) Oé, ma siamo matti?
Stylita - Manigoldo, marrano, aspetta solo che abbia ricaricato! (e si mette a ricaricare il trombone a suòn di chiodi e bulloni, pigiandoli con uno stéccolo).
Gigi - Aspetto.
Lo stylita spara di nuovo, stavolta facendo un buco nel motorazzo di Cippa, che perde cuota e rovina a terra con uno sfracassìo di ferraglia “sfrototoplaplàn!”.
Gigi - Oé, ma sei matto?
Stylita - Vieni più vicino, che non ti avvedo.
Gigi si avvicina e scorge lo stylita al meglio. Un ometto pelato, occhialuto, seduto sul cucuzzolo della torre, con uno schioppo in mano e un remo dell’altra. Ai suoi piedi una ciotola per le offerte.
Gigi - Perché spari?
Stylita - Fatti i cazzi tuoi. Per potermi porgere una domanda devi prima omaggiarmi di un obolo. Dài, dona!
Gigi si cava un obolo di tasca e lo getta nella ciotola.
Gigi - Ora, stylita, volevo sapere...
Stylita - Al tempo! Sappi prima che io sono lo stylita Leo, e mi devi un mucchio di rispetto, cialtrone! (e lo colpisce col remo).
Gigi - Ma io ammazzo tutti. Stylita Leo, posso farti la domanda?
Stylita - Sì, e ora che me l’hai fatta vattene.
Gigi - Sento puzza di raggiro. E anche di merda, mi sa che Cippa, nel disastro aereo di prima, si è stronzolato nei pantaloni.

Stylita - Ma sì, tanto nessuno mi chiede mai un cazzo quassù. Però prima dovrai omaggiarmi di una poesia. E che sia adeguatamente moderna.
Gigi - Una poesia? Ecco... Uhm... Vediamo... Ah, ecco: “Rrrùllo di tamburi. Trututum tum tum, plàn, rataplà, zwooiiiiiiiing bèmbèmbèm, vrrrrrrum ppèm! Tratatatatatatatatà, trecentotredici neGri sbràm sbràm sbràm, carni che volano a pezzi. Ti ci va anche l’acciuga?”.
Stylita - Di chi era?
Gigi - Del Calipante Senzapeli, no?
Stylita - Faceva schifo. Senti com’è una vera poesia: Grrrrrrrrrrrrrrrrrrum.
Gigi - Bella.
Stylita - Mi stavo solo schiarendo la voce. Dicevo: “Albeggia la beggia, Scintilla la tilla, Ronfava la fava, Tu’ madre majala”.
Gigi - Bella. Ma ora devo farti la domandina.

Gigi - Ma che reliquia dovrei portare? E dov’è custodita?
Stylita - Me la sequestrò la finanza. Te non ti preoccupare di cos’è. È santa. È chiusa in una valigetta nera. NON L’APRIRE! Dentro c’è il coso... l’origano. Santo. Che mi serve per i cosi, l’esperimenti di matematica. Santa. Vài, vài, ora, trana.
Gigi - Trano. Ma dopo mi dici le cose, eh? E mi dai anche un po’ di quell’origano santo, perché non m’hai mica convinto, sai?
Gigi sfreccia verso il basso al recupero del nano Cippa, mentre lo stylita si rimette a meditare.
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