21.4.08

Capitolo Setto (prima parte),

Dell’attuazzione del piano, della presa della valigia e dello scappaggio. Fine. Perché, vi aspettate forse che abbia sempre la voglia di fare lunghe esegesi al capitolo? Mica sempre è così.

Esterni, facciata della Caserma Astrale. Che ricorda un po’, se proprio volete farvi l’idea, un forno a microonde. O il retro di un bus. Insomma, una cosa del genere. I due EROI si avvicinano alla guardiola, dove una roboguardia lucida ed efficiente fa il suo lavoro, cioè la guardia.

Gigi - Dèccoci, mio fido, al cimento ardito! Si va. Come disse una volta quell’italiano, veni vidi vis... vin... vi... com’era, Cippa?
Cippa - Era più o meno così. Ma andiamo, che il tempo stinge!

I due amanti si avvicinano alla roboguardiola che immantinente e senza neppure pensarci (perché è programmata per farlo e di pensare non ha bisogna) li ferma e li interpella colà:

Guardia - Ohimè, che son tre lustri che sto qui a far la guardia. Ma vi pare giusto che noi robotti siam trattati così?
Cippa - Eh?
Guardia - Io mi arruolai per la borsa di studio dell’esercito, mica per sta roba qui. Voleva studiar la morale, l’estetica, la perifrastica...
Cippa - Oh?
Guardia - Invece eccoci qui, ancora una volta, a far le solite domande... Ma voi chi siete?
Gigi - Ambasceria. Si viene per conto del principe Bambagione e si deve trovare immantinente il capitan Bitòrsolo. Lèstati, fellone.
Guardia - E da dove venite? E dove andate? E perché?
Gigi - Ma io non ne posso più di trovare gente strana... Si viene da colà, si va colì e perché...
Cippa - Vuolse così colà `ndove si puole e tutto il resto, e più non dimandare!
Guardia - Prego, entrino. Il comandante è nella tinozza dietro la seconda porta a destra della statua del monarca Sinfonico. Ma fate attenzione a non confondere la statua con quella di suo fratello gemello Armonico, perché gravi pericoli si celano colà dove si puole ciò che si vuota e poi... com’era?
Gigi - Via, entriamo finché siamo in tempo.

I due eRoI entrano e già un bel passo avanti è fatto. Ora resta da far il più. Vedremo come: si procede accuattati al passo del jaguaro fino ad una stanzetta rotonda in fin del corrydoio, addove stanno due statue pressoché identiche di sovrani siderali. Allorquando essendo Cippa nano ardito e assai basso (come del resto la maggior parte dei nani, a parte quelli alti ma si sa che son tutti bugiardi) geme e sospira come una donnicciola - Ohimè - più o meno così.

Gigi - Cippa, nobile scudiero o ammasso danzante di frattaglie mal assemblate. Checcè ora che mi rovini l’agguato?
Cippa - Niente, caro. Pensavo che a strisciar così colà mi si sciupa tutto lo smalto.
Gigi - Delle ungie?
Cippa - Semmai delle unchie. Ma no, intendevo lo smalto interiore. Sai, quando si dice “non hai più il tuo smalto” oppure, “aver smalto...
Gigi - Orbene, lo so vivaddìo. Alora?
Cippa - Eh, mi s’è rovinato lo smalto.
Gigi - Cippa, amico mio... ascolta... ora io entro nella porta dove sta il capitano e lo fo’ fesso. Rubo la valigetta e torno, indi si scappa senza porre pensiero alcuno. Te resta qui e nóntimuovere. perché se da qui a lì fai un altro passo accanto a me giuro morissi ti sventro con la mia spada e ti annodo le budella attorno al collo. Almeno vedano un po’ di mondo. Chiara?
Cippa - Chiara. Nontinfastidiscopiù.
Gigi - Bèn.

A causa del diverbio dunque succedeva che il Reichfhurer avanzava da solo senza la copertura della sua guardia, infilandosi a passo del giaguaro (volendo si può anche dire a bucopunzoni o a bèba, ma mi sa di volgare) nella stanza fallata, ovverosia in quella - ahimé - terribile ascosta dalla statua del fratello Armonico del duo Distonico di re. Che differisce da suo fratello Sinfonico nella peculiarità d’avere un pessimo carattere cosa che difficilmente traspare da una statua rendendo il tutto assai complicato. Ma tant’è. Frattanto che si discute il nostro EroE è entrato nella stanza e s’è perso di vista.
S’ode uno schianto.
Un rantolo.
Uno spavento.
Poi si quieta tutto.
Cippa alza la testa.
E subito riprende una selva di topimatti, gragnuole, bengala, raudi, fischioni, grondaje, buloni del 16, tratatatatatatà, brèm, brèm, mi dispiace mi ha preso la mano, pensavo a Marinetti.
Insomma, un cataclisma dal quale ci si aspetta tre-quattrocento morti e un sacco di dispersi. Invece macché, la porta si riapre e ne sòrte Gigi, all’iNpiedi e con grande e soddisfatta espressione sul volto regale.

Cippa - Hai sbagliato stanza?
Gigi - Mah... non so. Te che dici?
Cippa - Stai bene?
Gigi - Sine.
Cippa - E che c’era nella stanza?
Gigi - Te lo dirò quando saremo fuori di qui. Ora c’haff... th’aff... s’affretta, che il comandante Coso ci aspetta nell’Altra Stanza! Op! Di corsetta!
Cippa - Vas!

I due eroi entrano a corsetta spianata e spiegata all’interno della stanza del comandante Bitòrsolo, che giace nella tinozza del potere. Tre giri di tavolo appettinfuori per far vedere d’esser messi sì del principe Bambagione, ma anche messi bene a fiato e baldanza atletica, poi un profondo inchino di fronte al comandante, che inquit.

Bitorsolo - Chi siete? Chivvaffattoentrare?
Cippa - Siamo...
Gigi - Zitto, nano vigliacco! Zitto! T’ho detto zitto!

E lo grandina di colpi.

Bitorsolo - Alòr? Je ste aspettand! Chi sie?
Gigi - Saluti sassoni, stimato siniscalco! Sie zswei messi di Bambagione, sovrano fissile di zassopia.
Bitorsolo - Ohimè... e che mi portate, ambasciatori di cotal princepe?
Gigi - La sovranità exelentissima Bambagione sostiene sicura soddisfazione su sua stima di pistacchi di superba sfoltitura!
Cippa - Sfoltitura?
Gigi - Zitto, scemo.
Bitorsolo - Devo dire che cotante vocali sibilanti fan sembrare il vostro eloquio un attento e vile piano per farmi esplodere le valvole termozotiche ed aprire il cassetto che celo nella mia parte più cara. Ma d’altronde, com’è risaputo, la mia ghiottoneria per i pistacchi è tale che la brama di averne anche sol uno mi fa dimentico d’ogni prudenza.
Gigi - Sia! Sovranità saporosa, soporiferi sassofoni suonano subito sessanta si sisquadri, a sedicesime sistoniche, se sua sistola-serpente similmente a sasso s’erge sospirando succosi pistacchi!

PREM! E qui la valvola termozotica esplode con gran flagore! Avrei dovuto dire se le valvole termozotiche esplodessero fragorosamente. Invece no, e vi dovete accontantare di un misero piff, con una fumatina giallognola come pipì che esce dall’orecchio destro del comandante (quello sempre buono, essendo l’altro intasato da un nocciolo di oliva da più di sei anni).

Gigi - Vittoria! Cippa, fruga addosso al capitano e cerca il cassetto.
Cippa - Ma dove... ha detto che l’ha ascosto nel suo posto più caro.
Gigi - Usa l’estro, mio caro babbeo. Cos’ha di più caro un finanziere?
Cippa - Orpo! Prima la panza poi la finanza! Che stupido a non ci pensare!
Gigi - Oprigli la panza, orsù, che così si sgama il cassetto!

Cippa fruga con le sue manine cattive da nano e trova in men d’un istante (in realtà fruga per due minutini buoni soffermandosi di quandinquando sulla sistola sassosa del comandante, ma ormai mi son ripromesso di tagliar tutte le parti volgari per via dei baNbini che leggeranno a frotte questo romanzo. Se avranno voglia di andare a Frotte, sennò lo leggeranno a casa loro) il cassetto magico e ludico, per nulla sudicio e assai turgido del comandante Bitorsolo. Lo opre e vi trova una cassetta magnetofonica del ventesimo secolo.

Cippa - E ora? Ma guarda te dove aveva incise le struzioni `sto stronzo!

E appioppa un calciopedata nei denti all’immota massa che era Bitorsolo.

Gigi - Non temere. Ho qui quello che ci serve!
Cippa - Un magnetofono?
Gigi - Mèglio! Un nano inutile! Che si metterà a frugare la stanza in cerca di un magnetofono, dato che uno ci dovrà pur essere da qualche parte. E già che c’è mi porterà anche nellordine, un sygaro, un francobollo da dodici Ghiglioni, tre candele di sego e un pezzo di spago un po’ usato e sfilacciato. Vamos! Anda! Mòviti!
Cippa - Scàtto!

E scatta, mettendo rumorosamente a soqquadro (che maleducata questa parola con due q...) a socquadro (meglio) la stanza. Senza peraltro preoccupare minimamente i robot finanzieri astrali, abituati come sono a sentire Bitorsolo che rumoreggia nella sua stanza cercando di acchiappare una mosca bège (il colore) che da dodicianni gli sfugge e gli ruba anche tutte le caramelle rosa. Ma questa è un’altra storia. Comunque, se proprio volete, vi racconto della storia del comandante Bitorsolo e della mosca Bège (stavolta è il nome) e del perché Bitorsolo si chiama Bitorsolo e del percome ha un nocciolo d’oliva incastrato nell’arecchia.
Bene, non c’è tempo, ma ve la racconterò nel prossimo capitolo, che sarà d’interludio, e vi piacerà tantissimo sennò me la prenderò a male e non vi consentirò più di leggere oltre grazie ad una malia. Ma prima che questo discorso mi prenda definitivamente la mano, mi scuso e si ritorna a Cippa, che d’intanto ha già trovato il tutto.


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1 commento:

Anonimo ha detto...

La ringrazio per Blog intiresny

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